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IX - Lavoro, pari opportunità, politiche giovanili e politiche sociali

Reddito minimo garantito: il Consiglio approva la legge

Il 4 marzo 2009, il Consiglio regionale del Lazio, presieduto da Guido Milana (Pd), ha approvato con 32 voti a favore, 4 contrari e 2 astenuti, la legge istitutiva del reddito minimo garantito per disoccupati, inoccupati e precari. Il provvedimento prevede l’erogazione di una somma di denaro, fino a 7.000 euro l’anno e una serie di prestazioni indirette, tra le quali l’erogazione di contributi per il canone d’affitto e per l’utilizzo gratuito dei mezzi pubblici locali. Frutto dell’esame abbinato di sette proposte di legge regionale in materia di sostegno al reddito di cittadini svantaggiati, il testo approdato nell’Aula consiliare aveva ottenuto il parere favorevole della Commissione Lavoro, presieduta da Peppe Mariani (Lista civica per il Lazio), il 28 ottobre scorso. Iniziata la discussione nell’Aula il 4 febbraio con la relazione dell’assessore Alessandra Tibaldi (Sinistra), il provvedimento ha dovuto attendere il parere del Consiglio regionale dell’economia e del lavoro e della Conferenza delle Autonomie locali, così come aveva chiesto il consigliere Donato Robilotta (Sr-Pdl).

Le modalità di accesso alle prestazioni

I prossimi passi del provvedimento saranno la pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio e il regolamento d'attuazione che verrà adottato dalla Giunta. Requisiti richiesti per ottenere i benefici: residenza nella regione da almeno 24 mesi al momento della presentazione della domanda, iscrizione alle liste di collocamento dei Centri per l’impiego, reddito personale imponibile non superiore a 8.000 euro nell’anno precedente, non aver maturato i requisiti per il trattamento pensionistico. Le domande dovranno essere inoltrate annualmente al Comune capofila del distretto sociosanitario a cui appartiene il Comune di residenza del soggetto interessato. Sono previste sanzioni nel caso di dichiarazioni non veritiere, nonché la decadenza dalle prestazioni qualora il beneficiario venga assunto con un contratto di lavoro subordinato o a tempo determinato, ovvero nel caso in cui lo stesso svolga un’attività lavorativa di natura autonoma. Inoltre, la decadenza è prevista nel caso in cui il beneficiario rifiuti una proposta di impiego offerta dal Centro per l’impiego territorialmente competente, ma non nell’ipotesi di non congruità della proposta. Vale a dire: i benefici non decadono se il soggetto non accetta una proposta che non tiene conto del salario precedentemente percepito, della professionalità acquisita, della formazione ricevuta e delle competenze formali e informali certificate dal Centro per l’impiego. La Giunta avrà novanta giorni di tempo dall’entrata in vigore della legge regionale per definire i criteri per la formazione delle graduatorie per l’accesso alle prestazioni, tenendo conto, caso per caso, del rischio di esclusione sociale e di marginalità nel mercato del lavoro. Oltre all'erogazione di una somma di denaro non superiore a 7.000 euro l'anno, la legge sul reddito minimo garantito attribuisce ai Comuni e alle Provincie la facoltà di erogare una serie di prestazioni indirette volte a garantire la circolazione gratuita sui mezzi pubblici locali e la gratuità dei libri di testo scolastici, a favorire la fruizione di attività e servizi di carattere culturale, ricreativo o sportivo e a contribuire al pagamento delle forniture di pubblici servizi. Sempre gli enti locali, nell'ambito delle risorse disponibili, potranno prevedere l’erogazione di contributi per ridurre il canone di locazione.

Marrazzo: la Regione non lascia soli i lavoratori, le famiglie e le imprese

Il presidente della Regione, Piero Marrazzo, è intervenuto oggi nell’Aula consiliare per chiedere al Consiglio e all’assessore al Bilancio un aumento delle risorse destinate al provvedimento e di monitorare la crisi, in vista di un eventuale ulteriore stanziamento in assestamento di bilancio. Così, durante i lavori nell’Aula, la posta è stata raddoppiata per l’anno 2009, passando dai 10 milioni previsti inizialmente ai venti contenuti in un emendamento alle disposizioni finanziarie presentato dall’assessore al Bilancio, Luigi Nieri (Sinistra).

 “In un momento di grave crisi economica non lascia da soli i lavoratori, le famiglie e le imprese in difficoltà - ha detto Marrazzo nell’Aula consiliare -. Ormai nessuno nasconde più l’eccezionalità della crisi. Sono proprio gli analisti a concordare e a ritenere gravi e duraturi i suoi effetti. Vediamo ovunque stime al ribasso sulle stime ufficiali del governo. I dati sul Pil del 2008 ci riportano indietro alla crisi petrolifera di oltre 30 anni fa. Il tessuto economico della nostra regione è costituito da piccole e medie imprese che ricorrono al lavoro precario e intermittente. A ciò si aggiungono alcune grandi crisi industriali legate a dinamiche nazionali, quella dell’Alitalia, quella delle telecomunicazioni, quella della Fiat. Nel 2009 saranno 50.000 le persone a rischiare il posto di lavoro nel Lazio. Ora bisogna intervenire con misure straordinarie. L’Italia sconta ritardi storici in termini di welfare. Negli anni non siamo stati capaci di adeguare il sistema del welfare ai mutati scenari nel mercato del lavoro”.

“Nella prima grande crisi dell’epoca del lavoro precario – ha proseguito il Governatore della regione Lazio - ci troviamo a dover usare strumenti del secolo scorso, ma i bisogni sono nuovi. Nel frattempo, l’occupazione atipica è esplosa, parliamo oggi di oltre il 20 per cento degli occupati, ossia di tutti quei lavoratori che per primi subiscono gli effetti della crisi. La legge sul reddito minimo intende dare risposte a questi lavoratori, si  inserisce in una strategia più complessa di interventi”.

Marrazzo ha ricordato l’istituzione del Comitato straordinario per il credito per quegli imprenditori che si sono trovati improvvisamente in crisi di liquidità, la cassa integrazione per 600 lavoratori anticipata dalla regione e che entro la metà di marzo saranno 1.500. “E’ un dato importante – ha sottolineato Marrazzo - , perché significa che centinaia di famiglie hanno la sicurezza di un reddito. Lo sforzo è quello di dare risposte diverse a una crisi complessa con un obbiettivo preciso: tenere insieme la nostra comunità”. “La legge che istituisce il reddito minimo garantito è un primo passo impegnativo in un progetto più ampio per fronteggiare una crisi profonda. Siamo la prima la prima grande regione italiana che si dota di uno strumento fondamentale che nulla ha a che fare con la vecchia logica assistenzialista. Il Lazio oggi è all’avanguardia in Italia nella tutela dei lavoratori – ha concluso Marrazzo -, perché porta nella nostra regione ciò che esiste già in Europa e in tutti i paesi avanzati”.

Milana: “una prima risposta alla crisi economica”

"La Regione Lazio è la prima ad aver approvato una legge così articolata, importante non solo per il sostegno che rende alle fasce più deboli della popolazione, ma anche perché rimette in moto i consumi”. Così Guido Milana, Presidente del Consiglio Regionale del Lazio, ha commentato l’approvazione della legge sul reddito minimo, aggiungendo: “E’ un tema di grande attualità che da giorni anima il dibattito sulla scena nazionale. In attesa che il Parlamento faccia qualcosa, oggi il Consiglio regionale ha approvato  una legge che rappresenta lo strumento fondamentale con cui l’Assemblea legislativa del Lazio intende contrastare in modo concreto le difficoltà che da tutto il mondo si abbattono sul nostro Paese e sulla nostra regione. Siamo di fronte a una crisi economica che fino a qualche anno fa era imprevedibile e questa legge fa parte di quelle misure che devono essere adottate per limitarne gli effetti sui soggetti più deboli della popolazione”.

Opportunità, garanzia e scelta. La relazione dell’assessore Tibaldi

Opportunità, garanzia e scelta: queste le parole chiave della proposta di legge, come ha spiegato in Aula l’assessore al Lavoro, Alessandra Tibaldi, nel corso della relazione introduttiva. “Oggi il lavoro fisso è sempre meno una possibilità reale”, ha detto la Tibaldi, la quale ha aggiunto che “nell’introdurre la flessibilità del lavoro e liberalizzare il rapporto tra imprese e lavoratori la legislazione ha mancato di  stabilire un sistema di garanzie che fosse adeguato a queste nuove forme di contratto di lavoro. La liberalizzazione dei contratti ha così finito per coincidere con una vera e propria deregolamentazione dei rapporti tra lavoratori e impresa”.

“Quando abbiamo avviato questo percorso – ha ricordato l’assessore al Lavoro - le nostre intenzioni erano dunque intervenire sul presente per costruire le basi di un futuro più certo, costruendo strumenti che riescano a definirsi nel loro percorso in modo più forte per diventare strutturali. Purtroppo, anche a partire dal fatto che nel nostro Paese non esistono misure di reddito minimo come nel resto d’Europa, avevamo già inteso questa misura del reddito garantito come strumento necessario e utile a rispondere anche ad un’altra emergenza che la precarietà stessa ci segnalava, l’emergere del rischio di povertà”.

La Tibaldi ha poi esposto i dati Eurostat 2006 sul rischio di povertà: a livello di Unione europea sono 72 milioni le persone di questa categoria, di cui 11 milioni, e cioè il 15%, si trovano in Italia. “La crisi non fa che accelerare, - ha proseguito la Tibaldi -, anzi radicalizzare il disagio economico di milioni di persone che già due anni fa, e oggi ancora di più, erano al centro degli allarmanti comunicati europei e la necessità di interventi massicci di politiche pubbliche, di interventi sociali e di redistribuzione delle risorse economiche verso i cittadini erano già sollecitate dagli organismi internazionali.  L’attuale crisi ci impone di intervenire e di farlo con urgenza e valorizzare il senso della politica come strumento in grado di rispondere alle trasformazioni in atto”.

L’Italia e la Grecia sono gli unici due Paesi in Europa a non avere nessuna forma di protezione e sostegno al reddito. “L’Italia alla voce disoccupazione spende lo 0,4% - ha spiegato la Tibaldi -, mentre ancora la Germania spende il 3% con una media dell’Unione europea del 2,2%. Secondo alcune ricerche curate dal CNEL e dall’ISFOL, la probabilità di un giovane di trovare lavoro a tempo indeterminato tra il 1991 e il 1997 era del 40%, mentre dal 1998 al 2003 questa probabilità è calata oltre il 25%.  A questi fanno eco le ricerche riportate anche da Italia Lavoro e dall’Istat dello stesso anno, 2005, in cui si evidenzia che il tasso di copertura e il sostegno al reddito per i giovani disoccupati con meno di venticinque anni in Inghilterra copre il 57% dei giovani, in Danimarca il 53%, in Belgio il 51% e in Italia lo 0,65%”.

Il dibattito in Aula

Il presidente della Commissione Lavoro della Pisana, Peppe Mariani, ha  ripercorso le tappe di “un serio ed approfondito iter di confronto con rappresentanze del mondo sociale, economico e lavorativo per giungere alla legge sul reddito minimo garantito”.

“Nel momento in cui noi assegniamo questi soldi – ha detto Mariani - non possiamo pensare nella maniera più assoluta che, come succede in alcuni Paesi dell’Europa, l’offerta di qualche agenzia o di un centro per l’impiego possa obbligare il richiedente al rispetto di quella domanda, escludendolo dopo dal reddito sociale. Nella maniera più assoluta, dico ‘no’. La congruità ci dice che nel momento in cui non ci sono misure favorevoli, maggiori del reddito sociale, la persona non può essere obbligata ad accettare misure che in qualche modo attengono ad una vessazione o ad un ricatto, che è una nota centrale all’interno di questa legge”.

Il provvedimento “sfida il governo nazionale”, secondo Donato Robilotta (Sr-Pdl), primo firmatario di una delle sette proposte di legge esaminate dalla Commissione Lavoro. Robilotta non si riconosce nel testo approdato nell’Aula consiliare che ha definito “demagogico e populista”. “Questa legge non c’entra niente o c’entra pochissimo - ha detto Robilotta -, va in un’altra direzione. Avevo presentato una proposta di legge per i precari che andava a sostenere quei lavoratori che rischiano di essere espulsi dal mondo del lavoro. In commissione non c’è stata la possibilità di discuterla. La proposta di legge  di cui sto parlando porta anche le firme degli assessori Fichera e Di Carlo e di altri consiglieri sia della maggioranza che dell’opposizione. Di quella proposta nel testo che stiamo discutendo oggi non c’è niente. Questo testo è un testo manifesto della maggioranza che non interviene sul lavoro, bensì sulle politiche sociali, sull’universo mondo”.

Legge importante per Giuseppe Celli (Sdi), secondo il quale “è un pezzo importante dello stato sociale della Regione Lazio. Siamo dentro la crisi che va a colpire le categorie più fragili – ha proseguito Celli -, il compito dei riformisti è proprio quello di tenere insieme la comunità”. Per Augusto Pigliacelli (Udc), il provvedimento “rappresenta appena un primo passo per andare incontro alle esigenze dei nostri concittadini svantaggiati, ma anche il segnale che le istituzioni sono vicine a chi ha veramente bisogno”. “Dobbiamo evitare che resti una legge isolata – ha detto Pigliacelli -, bensì rientri in un più ampio pacchetto che affronti il problema abitativo, formazione e riqualificazione professionale”. Massimiliano Maselli (FI-Pdl) ha espresso perplessità su quella che non è una legge di contrasto alla crisi, annunciando però l’astensione del suo gruppo. “È evidente – ha detto Maselli - che la cifra di cui andrebbero a beneficiare le famiglie indigenti sarebbe irrisoria, ma prendiamo atto dello sforzo di aver raddoppiato la posta di bilancio”. Wanda Ciaraldi (Pd) ha ricordato che la legge sul reddito minimo  è un atto che rientra nel programma della maggioranza, da tempo in lavorazione. “Lo abbiamo sempre ritenuto fondamentale – ha detto la Ciaraldi -, visto che l’Italia  e la Grecia sono gli unici Paesi europei a essere privi di questo strumento vitale per le fasce sociali in difficoltà”.

Il capogruppo di An-Pdl, Antonio Cicchetti, ha annunciato il voto contrario del suo gruppo a una legge a suo avviso “diseducativa, perché dà uno stipendio per la pura appartenenza a una comunità”.  “Ci troviamo di fronte a una situazione oggettivamente difficile – ha dichiarato Cicchetti -, ma la risposta che si dà con questo provvedimento è inefficace ma anche sconclusionata. Esiste un reddito di cittadinanza nel Kuwait, dove navigano nel petrolio, ma qui siamo in un altro contesto economico con altre prospettive di ricchezza. Qui inondiamo categorie con sussidi che diventano irrisori e che si prestano a una serie di abusi come è avvenuto con la legge per i disoccupati e con la legge sui lavori socialmente utili. E’ un provvedimento diseducativo, perché per affrontare la crisi diamo soldi a pioggia in maniera improduttiva. Neanche Obama – ha proseguito il capogruppo di An-Pdl - ha fatto proposte di questo tipo, bensì ha annunciato grandi opere pubbliche per assorbire la disoccupazione. Tutte le esperienze passate ci dicono che l’impianto di fondo di questa legge è sbagliato. Le risorse destinate a questo provvedimento sarebbero meglio utilizzatie per realizzare opere pubbliche”. Di parere diverso  Enrico Luciani (Sinistra) secondo il quale ci troviamo di fronte alla “morte annunciata di un sistema, quello della cosiddetta flessibilità nel mercato del lavoro” e ha sottolineato che “non parliamo di elemosina, come i 40 euro della social card del governo, bensì di reddito per famiglie che hanno in casa anche due/tre figli disoccupati”. Per il capogruppo di Prc, Ivano Peduzzi (Prc) ci troviamo di fronte a due punti di vista contrapposti, “tra chi il precariato lo vuole assistere confermando questa forma di lavoro, e chi lo vuole eliminare”. Peduzzi ha manifestato la preoccupazione del suo gruppo sulla situazione dei precari della Regione Lazio che aspettano ancora risposte da quattro anni sulla stabilizzazione. Aldo Forte (Udc) ha annunciato l’astensione del suo gruppo per una legge che cerca sì di dare una risposta alla crisi, ma per la quale “le risorse vengono tolte da un capitolo destinato alle spese sociali per essere date a un altro capitolo per spese sociali, anziché tagliare gli sprechi”.


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