La vicenda del liceo "Augusto Righi" al centro di un'audizione in nona commissione

“Frase infelice” della professoressa ma occorre intervenire anche sul comportamento degli studenti e sui rischi potenziali dell’uso massivo dei social e della rete.
Il liceo "Augusto Righi" di Roma (Wikipedia). 22/02/2022 - A poco più di una settimana dall’episodio che ha riguardato una professoressa e una studentessa sedicenne del liceo scientifico “Augusto Righi” di Roma, la presidente della commissione Istruzione, diritto allo studio, Eleonora Mattia (Pd), ha ritenuto utile tornare sulla questione con un’audizione – in modalità telematica – che ha consentito a tutti i soggetti coinvolti di fare un approfondimento pacato e costruttivo sulle problematiche esistenti nel mondo della scuola. Riflessioni che prendono spunto da uno dei tanti episodi che accadono quotidianamente negli istituti e che non sempre vengono denunciati. Episodi che denotano un malessere diffuso, “dovuto soprattutto a questi due terribili anni della pandemia”, ha detto Mattia, la quale ha poi spiegato che l’audizione “rappresenta anche un modo per stare vicini a dirigenti, professori e studenti in questo momento particolare, per fare una riflessione che va oltre lo specifico episodio, per capire quali interventi siano necessari”.

L’episodio del Righi, che tanta eco ha avuto sugli organi di stampa, è stato riassunto così da Francesca, una dei due rappresentanti d’Istituto intervenuti in audizione: “Lunedì scorso, durante un'ora di buco in una classe, una professoressa supplente ha colto una ragazza a fare un video in classe e l’ha giustamente rimproverata, poichè non è corretto fare dei video all'interno della scuola. Dato che la ragazza per fare il video si era alzata la maglietta sopra l'ombelico, però, la docente l’ha rimproverata dicendole anche ‘ma che stai sulla Salaria’?”. La rappresentante degli studenti ha poi aggiunto che “la dirigente scolastica ha da subito cercato di trovare una sintesi tra le parti ma il dialogo che abbiamo avuto con la professoressa non è stato molto fruttuoso, perché da parte sua non c'è stata una presa di coscienza di quanto era successo”.

Partendo da questo fatto di cronaca, che ha anche portato gli studenti del Righi a protestare il giorno dopo davanti alla scuola, oggi in nona commissione si è sviluppato un dibattito al quale hanno partecipato parecchi soggetti coinvolti a varo titolo nelle dinamiche tra docenti e studenti. A cominciare dai diretti interessati, la Dirigente Scolastica del liceo Righi, Cinzia Giacomobono, e i rappresentanti degli studenti, Francesca e Federico. Sono poi intervenuti Cristina Costarelli e Mario Rusconi dell’Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola (ANP), sentiti spesso in nona commissione sulla tematica dell’istruzione, così come l’Ufficio Scolastico regionale, rappresentato questa volta dalla dirigente Michela Corsi. Infine, è intervenuta anche Camilla Volante della Rete degli studenti medi del Lazio. Per la commissione, oltre alla presidente Mattia, sono intervenute le consigliere Marta Bonafoni (Lista civica Zingaretti) e Valentina Grippo (gruppo Misto).

La dirigente scolastica del Righi ha spiegato di “aver cercato di porsi nella posizione di ascolto per capire se c'era stata un'offesa, se la ragazza si fosse sentita in qualche modo giudicata anche dal punto di vista personale. La professoressa – ha aggiunto Cinzia Giacomobono – ha detto che non ritiene di aver fatto un’offesa alla ragazza, lei pensa nella sua buona fede di aver fatto un intervento dal punto di vista educativo nel censurare un atteggiamento che secondo lei poteva essere equivoco”. La dirigente ha comunque stigmatizzato la frase della professoressa, ritenuta “certamente infelice, del tutto fuori luogo”, precisando però che la docente “ha a cuore queste situazioni, di possibili rischi derivanti da un utilizzo sbagliato dei social, della rete. Ha visto nell'atteggiamento della studentessa un potenziale rischio, perché stava facendo un video a suo giudizio non così tanto innocente”.

Giacomobono ha infine espresso disappunto per l’enorme clamore suscitato dalla vicenda. Anche Federico, l’altro rappresentante degli studenti intervenuto, ha criticato l’operato dei media che, a suo dire, hanno riportato i fatti in maniera distorta e strumentale.

Camilla Volante (Rete degli studenti medi del Lazio) ha ringraziato gli studenti del Righi per aver denunciato l’episodio “perché – ha detto – spesso capita di raccogliere segnalazioni di ragazze e ragazzi che preferiscono non denunciare e che vivono situazioni spiacevoli all'interno delle loro scuole. Ancora troppo poco si affronta il tema del transfemminismo nelle scuole, viviamo in un sistema che continua a banalizzare e stigmatizzare la donna. Infatti – ha aggiunto Volante – per quanto la nostra regione stia facendo grandi passi avanti sul tema, a partire dalla ‘tampon tax’ e dalla legge sulla parità salariale, c'è ancora tanto lavoro da fare nelle scuole, che devono rappresentare un luogo sicuro per ragazze e ragazzi e invece troppo spesso si denunciano problemi come quello del liceo Righi”. Passando alle proposte operative, Volante ha auspicato l’apertura di sportelli di segnalazione e denuncia dentro le scuole “per dare sicurezza ai ragazzi”; l’attivazione di corsi per sensibilizzare i docenti “che sono poco attenti ai diritti delle donne e sembrano troppo attaccati ad una visione patriarcale e per fare in modo che nessun'altra ragazza si senta denigrata dentro la propria classe”; momenti formativi per l’educazione all’affettività, “per rendere i ragazzi consapevoli ed educare al rispetto e alla giusta considerazione delle donne e dei loro diritti”.

Per l’Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola sono intervenuti Cristina Costarelli e Mario Rusconi. La prima ha detto che “è importante che le questioni siano ricondotte all'ambito in cui sono accadute e purtroppo il mondo dell'informazione non aiuta, perché ormai utilizza la scuola per i propri fini, che sono quelli di rendere tutto una notizia, uno scoop". Costarelli ha poi spiegato che “siamo di fronte a due profili della situazione, docente e studente. Sicuramente la frase di carattere così esplicitamente sessista non può essere condivisa, si tratta di un’espressione inopportuna non solo dentro a una scuola ma anche fuori. Parallelamente, però, va affrontata la questione del cosiddetto dress code, sia al maschile che al femminile, perché esiste un modo di vestire non scritto che fa parte dei costumi opportuni ed è quello che va utilizzato a scuola”. Per Costarelli “la situazione adesso va ricomposta all’interno della scuola, che assolutamente non va stigmatizzata, in quanto si tratta di un fatto che potrebbe accadere ovunque. Per ricomporre, serve la deontologia scolastica, cioè ritrovare una dimensione deontologica di rispetto della scuola e di chi la vive, sia da parte dei docenti che da parte degli studenti”.

Anche Mario Rusconi ha stigmatizzato la frase della professoressa (e altri episodi simili in altri istituti) e, nello stesso tempo, ha invitato gli studenti a essere più rispettosi dell’istituzione scuola nel loro abbigliamento e nei loro comportamenti. Il preside ha auspicato la creazione di un codice deontologico per i docenti, come già avviene in molti altri paesi europei.

Marta Bonafoni (Lista civica Zingaretti) ha condiviso molte delle riflessioni emerse dal dibattito e ha offerto uno spunto in più: “Penso che da questa nostra chiacchierata – ha detto – manchi un’altra parte offesa che sono le donne e le transessuali che lavorano sulla Salaria. La nostra Regione è impegnata in tantissimi progetti di affiancamento di queste donne, di queste persone, che spesso sono sfruttate e sono costrette a esercitare quella professione”.

L’audizione è stata chiusa da Michela Corsi, dirigente dell’Ufficio Scolastico regionale, la quale ha richiamato a una maggiore attenzione verso la privacy dei minorenni – soprattutto con riferimento al comportamento dei giornalisti – e verso una loro maggiore tutela contro i rischi dei social, parlando di “culpa in vigilando” da parte delle istituzioni, visto il proliferare di video registrati e diffusi in rete dai ragazzi stessi, all’interno dei contesti scolastici. A cura dell'Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio