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Otto donne per raccontare l'8 marzo

L’iniziativa organizzata dal Consiglio regionale: sul palco tante esperienze diverse per spiegare ai ragazzi come si battono i pregiudizi e si può costruire una società basata sulla parità di genere.
Il saluto del presidente Marco Vincenzi, al convegno08/03/2022
Otto donne che raccontano se stesse e raccontano soprattutto di come si possa arrivare ai vertici, in una società ancora profondamente maschilista, spesso in ambiti così dominati dagli uomini che non esiste nemmeno una declinazione di genere del loro ruolo. Generale, come pugile non hanno neanche un femminile.

Fin dal titolo (L'Italia delle donne) l’iniziativa organizzata dal Consiglio regionale per l’8 marzo ha voluto mettere in primo piano esperienze diverse, anche pionieristiche, per dare una sorta di esempio non soltanto al pubblico in sala, ma anche ai tanti studenti delle scuole collegate in rete.

L’ha raccontata così, introducendo il convegno che si è tenuto nella sala Mechelli, la segretaria generale del Consiglio, Cinzia Felci: “Modellli di donne che raccontano storie di tenacia, competenza. Vogliamo farle dialogare con le nuove generazioni, vogliamo dire alle ragazze di oggi che bisogna credere ai propri sogni per diventare le donne di domani”.  E anche nelle parole di saluto di Marco Vincenzi, il presidente del Consiglio regionale, è rimbalzato lo stesso concetto: “Dedichiamo questo 8 marzo alle donne e al popolo ucraino. Con l’idea che se nel mondo ci fossero più donne ai vertici forse sentiremmo meno parlare di guerre e più di sviluppo. La parità di genere è la premessa per una società più equa e giusta”.

Sia il presidente che Michela Di Biase, consigliera segretaria dell’ufficio di presidenza, hanno voluto ricordare le iniziative portate avanti dalla Regione in questa legislatura: “Dalla legge sulla parità salariale fino a quella approvata appena una settimana per favorire la presenza delle donne nelle professioni scientifiche, matematiche, tecnologiche e ingegneristiche (stem) – ha spiegato Di Biase – abbiamo fatto grandi passi in avanti, anche grazie a una presenza di consigliere donne molto aumentata rispetto al passato, frutto della nuova legge elettorale con la doppia preferenza di genere”.

La carrellata di eccellenze nei vari campi è stata aperta da Maria Luisa Pellizzari, vicedirettore generale vicario della pubblica sicurezza, il numero 2 della polizia italiana, prima donna a ricoprire questo ruolo: “Da bambina non sognavo di fare la poliziotta – ha raccontato – semplicemente perché non era possibile. La polizia ha aperto alle donne, con compiti e carriera paritaria rispetto agli uomini, nel 1981, quando ero già studentessa di giurisprudenza. E quando, dopo il concorso, sono entrata alla scuola superiore di polizia eravamo davvero poche, un gruppo di sorelle”. Pellizzari ha raccontato la sua esperienza prima alla squadra mobile di Roma, poi a Palermo con Dia, dopo la strage di Capaci. Umiltà, essere sempre se stesse, ma anche la capacità di fare squadra: queste le parole chiave che hanno attraversato tutto il suo intervento. “Ora sono 18 le colleghe che dirigono una questura, le donne sono il 35 per cento dei funzionari, il 25 per cento degli agenti - ha concluso – abbiamo fatto tanta strada, ma ne dovremo fare ancora parecchia”.

Dalla polizia alla scienza: Lucia Votano, dirigente di ricerca emerita dell’istituto di fisica nucleare, è tornata sui temi della guerra, ricordando come “in Europa dopo il conflitto mondiale, il primo passo dell’unità,della rinascita del continente è stata la creazione del Cern nel 1953: un gruppo di fisici, fra cui anche l’italiano Edoardo Amaldi, ebbe l’intuizione di unirsi al di là dei confini, di creare un luogo di ricerca per andare oltre le divisioni della guerra. Io credo che anche oggi la ricerca, la scienza, siano essenziali per spiegare al mondo che non c’è alternativa alla pace”. E si arriva alla magistratura con Ilaria Calò, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Roma: “Dal 2015 abbiamo fatto il sorpasso – ha spiegato – siamo più donne che uomini, ma negli incarichi direttivi abbiamo solo il 25 per cento di donne nella magistratura requirente (i pm) e il 40 in quella giudicante. Il lavoro della lotta alle mafie è fatto di condivisione e pianificazione. Condivisione non solo fra magistrati, ma anche con le istituzioni locali, con la società civile. Perché lo spazio che si libera con la repressione deve essere riempito con contenuti nuovi, altrimenti resta a disposizione della criminalità”. E sempre di prevenzione e repressione ha parlato Cinzia Gagliardi, generale di brigata, comandante della regione carabinieri forestale del Lazio: “Nella mia esperienza – ha raccontato – mi sono resa conto che dobbiamo rappresentare una nostra specificità di genere, non omologarci ai modelli maschili. Uguaglianza vuol dire innanzitutto rispetto delle diversità. E dobbiamo rappresentare questa ricchezza”.

Ha voluto, invece, raccontare il “suo” femminismo alle bambine attraverso una lettera, la psicoterapeuta Maria Rita Parsi, presidente della Fondazione movimento bambino: “Questa festa è per voi – ha scritto – è una festa dedicata alle donne del futuro. Le vostre nonne hanno lottato per voi, hanno reclamato l’emancipazione e la liberazione. C’è ancora tanto lavoro da fare per quelle bambine che non possono ancora cambiare la loro condizione di vita”. La politica è tornata in campo con l’intervento da Bruxelles di Pina Picierno, vice presidente del Parlamento europeo, secondo cui “non basta la semplice presenza delle donne nelle istituzioni. Abbiamo un peso e un ruolo marginale se ci limitiamo da fare le figurine. Dobbiamo essere rivoluzionarie, rompere la conservazione, essere protagoniste di un cambiamento profondo delle dinamiche di potere”.

Su questo tema è tornata Antonella Polimeni, rettrice dell’Università La Sapienza: “Non vogliamo arrivare ai vertici perché donne, ma perché siamo più brave. Su 88 atenei, abbiamo soltanto 8 rettrici, un numero in aumento ma ancora troppo basso. L’università deve avere un ruolo nell’orientamento fin dalle scuole medie, non bastano le superiori, se vogliamo superare il gap che c’è ancora nelle professioni stem. La Sapienza, vorrei ricordarlo, è stata la prima università a creare al suo interno un centro antiviolenza”. E l’ultima storia rappresenta bene la voglia di superare la disparita di genere, facendo letteralmente a pugni. E’ quella di Irma Testa la prima medaglia olimpica italiana, a Tokyo 2020, nel pugilato femminile: “Vengo da Torre Annunziata, in provincia di Napoli, vengo da quella provincia dove le donne sono ancora spesso soltanto mogli e madri. Fare sport, per di più uno sport prettamente maschile, è stata vista come una stravaganza. La mia è stata una medaglia che deve aprire un percorso per tante altre donne”.

La chiusura del convegno è toccata a Daniele Leodori, vice presidente della Regione, arrivato solo alla fine della giornata “perché ho voluto partecipare – ha raccontato – all’inaugurazione di un centro antiviolenza alla Procura di Velletri. Nel Lazio ne abbiamo 28, un numero che deve crescere ancora, perché sono luoghi dove è difficile decidere di andare, devono essere almeno facilmente raggiungibili. L’8 marzo deve vivere tutto l’anno, gli spunti che abbiamo ascoltato oggi ci devono accompagnare giorno per giorno”.

E per andare oltre l’8 marzo, Di Biase, prima dei saluti di rito, ha annunciato un concorso dedicato ai ragazzi, con premi in apparecchi tecnologici, proprio per raccontare le donne. A cura dell'Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio

Ufficio Stampa