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SITI UNESCO NEL LAZIO - Villa d'Este (Tivoli)

VILLA D’ESTE (TIVOLI)04/07/2025
Il patrimonio riconosciuto come Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO comprende beni naturali, culturali, paesaggistici, materiali e immateriali di eccezionale valore universale, protetti e conservati dall’insigne organizzazione internazionale dal 1972 per essere consegnati alle generazioni future. Nella lista troviamo siti naturali, archeologici, monumenti, complessi edilizi, città storiche, paesaggi, opere ingegneristiche e tradizioni viventi, che per la loro integrità e autenticità, importanza storica, artistica e naturalistica, sono ritenuti patrimonio di tutte le popolazioni del mondo.

La nostra regione conta numerosi siti individuati dall’UNESCO: Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli, le necropoli etrusche della Banditaccia a Cerveteri e dei Monterozzi a Tarquinia, il centro storico di Roma e la Macchina di Santa Rosa a Viterbo, quest’ultima inclusa dal 2013 nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Le faggete del Monte Cimino e del Monte Raschio, in provincia di Viterbo, rientrano nel sito UNESCO delle antiche faggete primordiali europee.

Villa d'Este è stata riconosciuta Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 2001 per il suo straordinario valore artistico e paesaggistico. Costruita nella seconda metà del XVI secolo per volere del cardinale Ippolito II d’Este, governatore di Tivoli dal 1550, che volle far rivivere qui i fasti delle corti di Ferrara, Roma e Fontainebleau e far rinascere la magnificenza della vicina Villa Adriana.

La villa è uno dei primi e più compiuti esempi del giardino all’italiana tardo rinascimentale, che fonde natura, architettura e scultura in giochi sorprendenti di geometrie e simmetrie vegetali, fontane e giochi d’acqua, musiche acquatiche, ninfei e terrazze panoramiche. Tra le fontane più celebri ci sono la Fontana dell’Ovato, la Fontana di Nettuno e la Fontana dell’Organo, che ancora oggi suona grazie alla sola forza dell’acqua. Acquisita dallo Stato italiano, fra gli anni Venti e Trenta del Novecento, fu restaurata e aperta al pubblico. A cura dell'Area Comunicazione del Consiglio regionale del Lazio

Ufficio Stampa