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Rapporto AICCRE sull'associazionismo intercomunale nel Lazio


16/02/12 - Roma


Il Consiglio regionale del Lazio ha ospitato, giovedì 16 febbraio in sala Mechelli, un giornata seminariale incentrata sulla presentazione del primo rapporto intercomunale nel Lazio, dal titolo "Riordino istituzionale e riforma di Roma capitale". Si tratta di una raccolta di dati e di informazioni sul sistema associativo intercomunale nella nostra Regione messa a punto dall'Aiccre (Associazione italiana dei Comuni, delle Province, delle Regioni e delle altre comunità locali) Lazio, con il supporto della Fondazione Regionale per le Autonomie Locali del Lazio - Re.Se.T., con l'obiettivo di fornire un supporto al confronto ed alla elaborazione di proposte.

Il convegno è stato aperto dai saluti del presidente Mario Abbruzzese, che lo ha definito "occasione per aprire un confronto serio con gli amministratori del territorio", nell'ottica di una collaborazione "orizzontale", come la carta costituzionale prescrive, tra i vari livelli di amministrazione, il cui numero resta comunque eccessivo, secondo Abbruzzese, quale evidenziato dal rapporto presentato oggi.
Un "groviglio di enti che fanno le stesse cose sul territorio", ha definito la situazione da parte sua Donato Robilotta, dicendosi d'accordo con Abbruzzese sul fatto che questo incontro possa aprire un dibattito sulle riforme istituzionali in questa Regione; anche perché, se gli enti non si autoriformano, interverrà lo Stato nel modo in cui ha operato con le comunità montane, semplicemente abolendole. Quindi non c'è, a suo avviso, alternativa a questo cammino, che travalica i confini degli schieramenti politici.
Anche il presidente di Legautonomie Bruno Manzi ritiene che occorra far presto, per evitare di venire marginalizzati dalla semplificazione governativa; a suo parere, accanto ai temi dell'efficacia e dell'efficienza, bisogna restituire valore anche a quello della partecipazione democratica, che sembra un po' appannato nella considerazione collettiva.
Il consigliere regionale del PD Perilli ha portato l'esempio della sua provincia, quella di Rieti, a proposito del tema della sovrapposizione degli enti e delle funzioni; comunque, a suo avviso, "è sbagliato cancellare la Provincia", bisogna piuttosto porsi il problema delle competenze.
Cicchetti, consigliere regionale PdL, ha detto di ritenere che il rischio in periodi di fallimento della politica come quello attuale in Italia sia il nascere di "mostri giuridici"; indubbiamente esiste un problema di "ingombro istituzionale" ad opera di livelli di governo locale a volte inutili (cita l'esempio delle università agrarie). La stessa creazione delle regioni negli anni 70 aveva proprio come presupposto, poi dimenticato, l'abolizione della provincia. "Sono temi che occorre portare in Consiglio", a suo avviso, iniziando proprio dall'abolire enti come le università agrarie e le comunità montane, dopodiché si può anche difendere la provincia, magari agendo sul numero delle Regioni.
Romanzi, capogruppo PSI in Consiglio regionale, si è detto convinto che il riassetto istituzionale debba essere funzionale al soddisfacimento delle esigenze dei cittadini; da questo punto di vista, i sindaci devono essere protagonisti e i tagli ai costi non devono andare a colpire le istituzioni più vicine ai cittadini bensì quelle più generali, come ad esempio il Consiglio stesso.
Il consigliere PdL Irmici ha concordato con Robilotta sul fatto che si debba ragionare delle Regioni non come erano alla loro nascita, ma come sono oggi e soprattutto come saranno domani (con riferimento al progetto delle macroregioni); a suo avviso, è giusto eliminare le province così come esse sono oggi, perché "non possono risolvere problemi di area vasta". La partecipazione democratica va incrementata attraverso l'utilizzo delle tecnologie.
Clemente Dominici, presidente dell'Anpci Lazio, che associa i piccoli comuni, ha rappresentato le esigenze di questi ultimi, di uno dei quali è sindaco, stretti tra la necessità di risparmiare e quella di offrire validi servizi ai cittadini; esiste anche il problema dei parchi e delle riserve da risolvere.
Giuseppe Paliotta, che rappresenta il presidente dell'Upi Iannarilli assente per motivi istituzionali, afferma che "un livello intermedio di governo tra la Regione e il Comune" deve esserci, sostenendo che le province pagano per tutti la richiesta dell'opinione pubblica alla politica di ridurre i suoi costi di gestione oggi così diffusa.
Sulla necessità di fare presto è stato incentrato l'intervento di Marco Di Stefano, presidente della Commissione Federalismo fiscale del Consiglio: la politica deve riprendere il controllo della situazione, sebbene sembri aver abdicato in questa fase della vita del paese. "Il futuro di Roma è legato a quello del Lazio, perché Roma regione non può reggere", è la sua opinione, in contrasto con quella di Robilotta, invece bisogna piuttosto definire la questione dei confini dell'area metropolitana da parte di Comune e Provincia di Roma.
L'assessore regionale al Bilancio Cetica ha concordato sul fatto che la politica debba recuperare il suo ruolo: la soluzione, a suo avviso, non può essere tracciare un tratto di penna su determinati enti, bensì evitare le sovrapposizioni delle funzioni; "abolire le province senza rivedere tutto l'assetto istituzionale è un errore molto grave", a suo avviso. Comunque la Regione è l'ente che deve avere l'ultima parola su questioni essenziali per i cittadini come ad esempio quella dell'acqua pubblica, come afferma portando l'esempio di Viterbo; un passaggio anche sulla mancata candidatura di Roma per le Olimpiadi, che dimostra a suo avviso che manca il coraggio in questa fase istituzionale.
Ha concluso la giornata di lavori l'assessore regionale agli enti locali e sicurezza Cangemi, il quale ha annunciato che sta per arrivare in Giunta la pl per la soppressione delle comunità montane, per le quali si era arrivati a un punto di non ritorno; "la soluzione è quella che va verso l'Unione di Comuni", sebbene si tratti di uno strumento che finora non aveva dato brillante prova di sé, o almeno attraverso l'associazionismo dei comuni nella gestione dei servizi, superando il campanilismo tradizionale. Le università agrarie non vanno soppresse, secondo Cangemi, ma piuttosto riorganizzate; comunque l'attivismo della regione in materia è confermato dal fatto che altre regioni hanno preso ad esempio il patto di stabilità regionalizzato.

 

 

 


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