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Definizione per: Servizi pubblici locali



  • Servizi pubblici locali
  • d.lgs. 267/2000, artt.112 e succ. 

    Sono i servizi finalizzati alla produzione di beni ed attività resi dagli enti locali per soddisfare bisogni sociali della comunità e promuoverne lo sviluppo economico e civile. Il testo unico degli enti locali distingue tra servizi a rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza, ma non è facile individuare elementi di chiara differenziazione tra gli stessi, non avendo il legislatore provveduto a fornirli. La distinzione incide sopratutto sulla diversa disciplina delle modalità di affidamento e gestione.

    Nell'ambito dei primi, le forme di gestione sono tipizzate dal legislatore e l'ente locale può affidarle a:

    a)    società con capitale privato individuate attraverso l'espletamento di gare con procedura ad evidenza pubblica;

    b)   società con capitale misto pubblico-privato, nelle quali il socio privato viene scelto attraverso l'espletamento di gare con procedura ad evidenza pubblica;

    c)    società con capitale interamente pubblico, a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (il modello c.d. “in house providing”).

    Accanto all'affidamento della gestione del servizio pubblico locale ad una società di capitali da individuare a mezzo di una gara mirata a selezionare il gestore più idoneo, è stato quindi introdotto il modello della società mista, la cui singolarità consiste nel fatto che è ritenuto sufficiente il ricorso alla gara per la scelta del socio privato, senza procedere ad un'ulteriore gara per la scelta del gestore e l'affidamento del servizio. La gestione in house, invece, è un modello di derivazione comunitaria introdotto dalla Corte di giustizia con la sentenza Teckal del 1999 e ulteriormente definito e delimitato dalla giurisprudenza successiva: si realizza allorchè gli enti locali scelgono di provvedere alle attività di loro competenza mediante propri organismi, senza quindi ricorrere al mercato. Il diritto comunitario, infatti, non impone alle pubbliche amministrazioni di osservare le procedure volte a garantire la concorrenza ogniqualvolta  esse decidono di non ricorrere al mercato, ma di avvalersi di propri organismi appartenenti alla organizzazione amministrativa che fa loro capo. Ciò rappresenta il tentativo di armonizzare i principi a tutela della concorrenza, contenuti nel Trattato CE, con il potere di autorganizzazione riconosciuto alle amministrazioni pubbliche degli Stati membri.

    Nell'ambito, invece, dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica, la scelta dei soggetti ai quali affidare la gestione è rimessa alle fonti regionali e locali. La Corte costituzionale ha, infatti, dichiarato illegittimo, per compressione dell'autonomia regionale e locale, l'art.113 bis del testo unico degli enti locali che tipizzava, anche per questi servizi, le  forme di gestione. Ciò sul presupposto che, trattandosi di servizi non economici, la scelta delle modalità di gestione non rientrerebbe nella materia della tutela della concorrenza di competenza esclusiva dello Stato, ma nella competenza del legislatore regionale.

    Di recente ha acquisito rilievo nel sistema dei servizi pubblici locali l'impiego del contratto di servizio, per indicare lo strumento che disciplina i rapporti tra l'ente locale e il soggetto esercente il pubblico servizio. Attraverso di esso, in particolare, sono disciplinate e periodicamente aggiornate le specifiche modalità di svolgimento. Per quanto non contraenti, gli utenti sono i destinatari delle prestazioni oggetto del contratto di servizio e l'eventuale previsione di obblighi concernenti lo svolgimento del servizio potrà essere fatta valere dagli stessi (ad es. la previsione di livelli minimi di qualità del servizio o determinati obblighi di informazione degli utenti).
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