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Definizione per: Normativa comunitaria



  • Normativa comunitaria
  • Trattato CE,art. 249
    Stat., art. 11
    l. 11/2005


    L’ordinamento giuridico comunitario è un ordinamento giuridico sui generis distinto sia dall’ordinamento internazionale, sia da quello interno degli Stati membri ed è caratterizzato dal principio della diretta applicabilità, secondo cui la norma comunitaria pur essendo adottata da un organo estraneo raggiunge direttamente i soggetti dell’ordinamento statale e li vincola conferendo ad essi diritti e obblighi, e dal principio del primato sul diritto interno, ai sensi del quale allorquando nelle materie trasferite alla competenza dell’ordinamento comunitario vi è un contrasto tra norma comunitaria e norma statale prevale la norma comunitaria.

    Le fonti del diritto comunitario si distinguono in fonti di diritto primario, costituite dai trattati istitutivi, ivi compresi quelli che introducono modifiche o che disciplinano l’adesione di nuovi Stati, e fonti di diritto secondario o derivato, costituite dagli atti che le istituzioni della Comunità hanno il potere di adottare in virtù dei trattati. Il Trattato istitutivo della Comunità europea descrive cinque atti tipici che possono essere adottati dal Parlamento europeo congiuntamente con il Consiglio, dal Consiglio o dalla Commissione: regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.

    Il regolamento è un atto di portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno Stato membro. La portata generale distingue il regolamento dalla decisione, mentre l’obbligatorietà in tutti i suoi elementi lo distingue dalla direttiva.

    La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi ritenuti più idonei a conseguirlo. Come il regolamento, è un atto vincolante di natura normativa, ma a differenza di esso è caratterizzata da un’efficacia mediata, cioè per produrre effetti nei confronti dei singoli deve essere recepita dallo Stato nell’ordinamento interno, mediante l’adozione di atti normativi completi e dettagliati, che attuino gli obiettivi e i principi generali fissati dalla direttiva stessa. Tuttavia, in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia si è riconosciuta un’efficacia diretta verticale delle direttive, cioè la possibilità per i singoli di far valere nei confronti dello Stato inadempiente anche una direttiva non attuata, quando imponga solo obblighi di non fare, quando si limiti a ribadire un obbligo già previsto dai trattati, chiarendone la portata e i tempi di attuazione e quando sia molto dettagliata, ossia non si limiti a stabilire il risultato da raggiungere, ma indichi anche forme e mezzi per la sua attuazione (c.d. direttiva self-executing).

    Nelle materie di propria competenza, le Regioni possono dare immediata attuazione alle direttive; lo Statuto prevede che ciò avvenga di norma con la legge comunitaria regionale approvata annualmente nell’ambito di un’apposita sessione dei lavori consiliari.

    La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati, che possono essere uno o più Stati membri, persone fisiche o giuridiche. E’, quindi, come il regolamento e la direttiva, un atto vincolante, ma a differenza di essi ha natura amministrativa.

    La raccomandazione e il parere sono atti non vincolanti, quindi non impugnabili dinanzi la Corte di giustizia, e servono per ottenere dal destinatario un comportamento conforme a scopi comuni. Di solito,  il parere è utilizzato per l’espressione di un’opinione su una data questione, mentre la raccomandazione come strumento di azione indiretta per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri.
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