"Norme in materia di autorizzazione all'apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali"

Numero della legge: 41
Data: 12 dicembre 2003
Numero BUR: 1
Data BUR: 10/01/2004

L.R. 12 Dicembre 2003, n. 41
"Norme in materia di autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali"


IL CONSIGLIO REGIONALE


Ha approvato


IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE


Promulga


La seguente legge:

SOMMARIO

Art. 1 - Oggetto e finalità
Art. 2 - Compiti della Regione
Art. 3 - Compiti dei comuni
Art. 4 - Autorizzazioni
Art. 5 - Strutture a ciclo residenziale
Art. 6 - Strutture a ciclo residenziale per minori
Art. 7 - Strutture a ciclo residenziale per disabili
Art. 8 - Strutture a ciclo residenziale per anziani
Art. 9 - Strutture a ciclo residenziale per persone con problematiche psico-sociali
Art. 10 - Strutture a ciclo semiresidenziale
Art. 11 - Requisiti per l'autorizzazione all’apertura ed al funzionamento delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale
Art. 12 - Vigilanza
Art. 13 - Sanzioni amministrative
Art. 14 - Norme transitorie
Art. 15 - (Modifiche alla legge regionale 9 settembre 1996, n. 38 e successive modifiche)

Art. 1
(Oggetto e finalità)


1. Al fine di garantire la qualità delle prestazioni socio-assistenziali erogate dai soggetti pubblici e privati, la presente legge detta norme in materia di autorizzazione:
a) all’apertura ed al funzionamento delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, che prestano i servizi socio-assistenziali di cui al comma 2;
b) all’apertura ed al funzionamento delle strutture che prestano i servizi di mensa sociale e di accoglienza notturna, i servizi per la vacanza, i servizi di emergenza e di pronto intervento assistenziale, nonché dei centri diurni di cui agli articoli 25, 26, 28 e 29 della legge regionale 9 settembre 1996, n. 38 (Riordino, programmazione e gestione degli interventi e dei servizi socio-assistenziali nel Lazio) e successive modifiche.

2. I servizi socio-assistenziali di cui al comma 1, lettera a), sono rivolti a:
a) minori, per interventi socio-assistenziali e educativi integrativi o sostitutivi della famiglia sulla base di un piano personalizzato educativo-assistenziale;
b) disabili, per interventi socio-assistenziali, finalizzati al mantenimento ed al recupero dei livelli d’autonomia delle persone ed al sostegno della famiglia, sulla base di un piano personalizzato;
c) anziani, per interventi socio-assistenziali finalizzati al mantenimento ed al recupero delle residue capacità di autonomia della persona ed al sostegno della famiglia, sulla base di un piano personalizzato;
d) persone con problematiche psico-sociali prive del necessario supporto familiare, per interventi socio-assistenziali sulla base di un piano personalizzato di riabilitazione sociale, ivi comprese le donne in gravidanza anche con figli minori che non possono provvedere autonomamente al proprio sostentamento, che non abbiano un tessuto familiare adeguato nonché donne vittime di violenza fisica e/o psicologica anche con figli minori.

3. I piani personalizzati di cui al comma 2, in relazione alle specifiche esigenze degli utenti ospitati nelle strutture socio-assistenziali a ciclo residenziale e semiresidenziale, prevedono eventuali prestazioni sanitarie assimilabili alle forme di assistenza rese a domicilio.

4. Ai soggetti che esercitano attività socio-sanitarie si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 3 marzo 2003, n. 4 (Norme in materia di autorizzazione alla realizzazione di strutture e all’esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie, di accreditamento istituzionale e di accordi contrattuali).

5. Per le strutture ed i servizi destinati al recupero ed alla riabilitazione della tossicodipendenza si applicano le disposizioni contenute nell’atto d’intesa tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano di cui all’articolo 4, comma 1, della legge 18 febbraio 1999, n. 45 (Disposizioni per il fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei Servizi per le tossicodipendenze).


Art. 2
(Compiti della Regione)


1. La Regione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge:
a) stabilisce, con una o più deliberazioni della Giunta regionale:
1) requisiti strutturali e organizzativi integrativi rispetto ai requisiti previsti dall’articolo 11, differenziati per tipologia d’utenza, ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a);
2) i requisiti per il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b);
b) definisce con regolamento le modalità e le procedure da seguire per il rilascio delle autorizzazioni disciplinate dalla presente legge fino all’emanazione dei regolamenti comunali di cui all’articolo 4, comma 3.

2. La Regione provvede all’aggiornamento dei requisiti di cui alle deliberazioni previste dal comma 1, lettera a), ogni qualvolta l’evoluzione della materia lo renda necessario.


Art. 3
(Compiti dei comuni)


1. I comuni rilasciano le autorizzazioni disciplinate dalla presente legge ed esercitano le relative funzioni di vigilanza e di applicazione delle sanzioni, di cui agli articoli 12 e 13, ai sensi dell’articolo 182 della legge regionale 6 agosto 1999, n.14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche.

2. Al fine di concorrere alla realizzazione del sistema informativo regionale, i comuni inviano copia dei provvedimenti di autorizzazione alla Regione.


Art. 4
(Autorizzazioni)


1. L’apertura e il funzionamento delle strutture a ciclo residenziale o semiresidenziale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), gestite da soggetti pubblici o privati, sono subordinate ad un’unica autorizzazione, necessaria anche in caso di modifiche alle strutture o ai servizi prestati. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione le stesse strutture devono rientrare nelle tipologie individuate agli articoli 6, 7, 8, 9 e 10 e devono garantire il rispetto dei requisiti stabiliti dalla presente legge nonché dei requisiti integrativi stabiliti dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1).

2. L’apertura e il funzionamento delle strutture di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), da parte di soggetti pubblici o privati sono subordinate ad un’unica autorizzazione necessaria anche in caso di modifiche alle strutture o ai servizi prestati. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione le stesse strutture devono garantire il rispetto dei requisiti di cui agli articoli 25, 26, 28 e 29 della l.r. 38/1996 e successive modifiche e di quelli stabiliti dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2), della presente legge.

3. Le autorizzazioni disciplinate dalla presente legge sono rilasciate, entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta, secondo le modalità e le procedure definite dal comune competente nell’ambito della propria potestà regolamentare. Fino all’emanazione delle disposizioni comunali, le stesse autorizzazioni sono rilasciate con le modalità e le procedure definite con il regolamento regionale previste dall’articolo 2, comma 1, lettera b), le cui disposizioni cessano di avere efficacia, limitatamente ai comuni che di volta in volta esercitano la propria potestà, alla data di entrata in vigore dei rispettivi regolamenti.


Art. 5
(Strutture a ciclo residenziale)


1. Le strutture a ciclo residenziale sono suddivise nel modo seguente:
a) strutture di tipo familiare, destinate ad accogliere fino ad un massimo di sei utenti, per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il piano personalizzato, e che devono possedere i requisiti strutturali previsti per gli alloggi destinati a civile abitazione;
b) strutture a carattere comunitario, caratterizzate dalla flessibilità organizzativa, destinate ad accogliere fino ad un massimo di venti utenti, a seconda delle caratteristiche degli utenti stessi, privi del necessario supporto familiare o per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente contrastante con il piano personalizzato;
c) strutture a prevalente accoglienza alberghiera, destinate ad accogliere non più di ottanta anziani autosufficienti o parzialmente non autosufficienti.

2. Le strutture di cui al comma 1 si distinguono in relazione alle caratteristiche degli utenti nelle tipologie individuate agli articoli 6, 7, 8 e 9.

3. Il limite di cui al comma 1, lettera a), può essere derogato fino ad un massimo di otto utenti con i provvedimenti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1).


Art. 6
(Strutture a ciclo residenziale per minori)


1. Le strutture a ciclo residenziale per minori si distinguono, indipendentemente dalla denominazione, nelle seguenti tipologie:
a) casa-famiglia, rientrante nelle strutture di tipo familiare di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), destinata ad accogliere minori, anche di sesso ed età diversa e anche disabili, caratterizzata dalla presenza di operatori quali figure parentali;
b) gruppo appartamento, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), destinato ad accogliere fino ad un massimo di otto minori, anche di sesso ed età diversi e anche disabili, prevalentemente adolescenti, sottoposti a misure dell’autorità giudiziaria, con problematiche la cui complessità richiede un’azione specifica di sostegno e di recupero, anche finalizzata all’inserimento o al reinserimento scolastico, organizzato in maniera da prevedere l'attiva partecipazione degli ospiti alla gestione del servizio;
c) comunità educativa di pronta accoglienza, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), caratterizzata dalla continua disponibilità e temporaneità dell’accoglienza di un piccolo gruppo di minori, massimo dieci, con un gruppo di educatori che a turno assumono la funzione di adulto di riferimento.

2. Le strutture di cui al comma 1 possono ospitare, in aggiunta al limite previsto, ulteriori due minori per rispondere ad eventuali esigenze di pronta accoglienza.

Art. 7
(Strutture a ciclo residenziale per disabili)


1. Le strutture a ciclo residenziale per disabili si distinguono, indipendentemente dalla denominazione, nelle seguenti tipologie:
a) casa-famiglia, rientrante nelle strutture di tipo familiare di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), destinata ad accogliere disabili adulti;
b) comunità alloggio, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), destinata ad accogliere tra le sette e le venti persone disabili adulte, organizzate in gruppi di massimo dieci persone per ogni modulo organizzativo alle quali vengono assicurate prestazioni alberghiere, azioni di sostegno per lo svolgimento delle basilari attività della vita quotidiana, nonché, a livello di gruppo, azioni ricreative e di laboratorio formativo, tendenti a promuovere forme di integrazione sociale; l'organizzazione deve prevedere l'attiva partecipazione degli ospiti alla gestione del servizio e la disponibilità per ogni gruppo di un posto per esigenze di ospitalità temporanea.

Art. 8
(Strutture a ciclo residenziale per anziani)


1. Le strutture a ciclo residenziale per anziani si distinguono, indipendentemente dalla denominazione, nelle seguenti tipologie:
a) casa-famiglia, rientrante nelle strutture di tipo familiare di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), destinata ad accogliere persone anziane, autosufficienti o parzialmente non autosufficienti;
b) comunità alloggio, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), destinata ad accogliere tra le sette e le dodici persone anziane, autosufficienti o parzialmente non autosufficienti;
c) casa di riposo, rientrante nelle strutture a prevalente accoglienza alberghiera, di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), destinata ad accogliere persone anziane, autosufficienti o parzialmente non autosufficienti, nella quale vengono assicurati, oltre alle prestazioni di tipo alberghiero, interventi culturali e ricreativi nonché servizi specifici a carattere socio-assistenziale;
d) casa-albergo, rientrante nelle strutture a prevalente accoglienza alberghiera, di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), destinata ad accogliere persone anziane autosufficienti, sole o in coppia, e consistente in un complesso di appartamenti provvisti di servizi sia autonomi sia centralizzati, ubicata in zone urbanizzate e fornita di adeguate infrastrutture e servizi sociali.


Art. 9
(Strutture a ciclo residenziale per persone con problematiche psico-sociali)

1. Le strutture a ciclo residenziale per persone con problematiche psico-sociali si distinguono, indipendentemente dalla denominazione, nelle seguenti tipologie:
a) casa-famiglia, rientrante nelle strutture di tipo familiare di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), destinata ad accogliere persone adulte con disagio psichico o ex detenuti, o soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale cui è permesso risiedere in tale struttura, o senza fissa dimora, che necessitano di sostegno nel percorso di autonomia e di inserimento o preparazione al reinserimento sociale;
b) comunità alloggio, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), destinata ad accogliere tra le sette e le venti persone adulte con disagio psichico o ex detenuti, o soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale cui è permesso risiedere in tale struttura, o senza fissa dimora, organizzate in gruppi di massimo dieci;
c) comunità di pronta accoglienza, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), destinata esclusivamente alle situazioni di emergenza per persone adulte con disagio psichico o ex detenuti o soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale cui è permesso risiedere in tale struttura, o senza fissa dimora;
d) casa famiglia, comunità alloggio o comunità di pronta accoglienza, rientranti nelle strutture di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), destinate ad offrire ospitalità e appoggio a donne, anche con figli minori, che siano gestanti o madri in situazione di disagio psico-sociale anche al fine di tutelare il figlio concepito e la maternità o donne vittime di violenza fisica o psicologica o vittime della tratta e sfruttamento sessuale per le quali si renda necessario il distacco dal luogo in cui è avvenuta la violenza e l’inserimento in una comunità.


Art. 10
(Strutture a ciclo semiresidenziale)


1. Le strutture a ciclo semiresidenziale sono caratterizzate da ospitalità di tipo diurno e da un diverso grado di intensità assistenziale in relazione ai bisogni dell’utenza. Tale ospitalità può essere offerta da apposite strutture o all’interno o in collegamento con le strutture a ciclo residenziale a carattere comunitario, con esclusione di quelle per minori, e a prevalente accoglienza alberghiera.

2. Ai fini dell’ospitalità di tipo diurno, le strutture di cui al comma 1 devono avere una capacità ricettiva massima di trenta utenti e devono assicurare:
a) la somministrazione dei pasti;
b) l’assistenza agli ospiti nell’espletamento delle normali attività e funzioni quotidiane;
c) le attività ricreative, educative, culturali ed aggregative.



Art. 11
(Requisiti per l’autorizzazione all’apertura e al funzionamento
delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale)


1. Al fine del rilascio dell’autorizzazione all’apertura e al funzionamento, le strutture di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), devono garantire il rispetto dei requisiti previsti dalle norme vigenti in materia urbanistica, edilizia, di prevenzione incendi, di igiene e sicurezza nonché l’applicazione dei contratti di lavoro e dei relativi accordi integrativi in relazione al personale dipendente. Le stesse strutture devono garantire, altresì, fatti salvi i requisiti strutturali e organizzativi integrativi stabiliti dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1), il rispetto dei seguenti requisiti:
a) ubicazione in luoghi abitati facilmente raggiungibili con l’uso di mezzi pubblici, comunque tale da permettere la partecipazione degli utenti alla vita sociale del territorio e facilitare le visite agli ospiti delle strutture salvi motivi di sicurezza o laddove l’ubicazione in area non urbana risulti funzionale alla realizzazione di specifici progetti, anche sperimentali;
b) assenza di barriere architettoniche in relazione alle caratteristiche delle strutture e dell’utenza accolta;
c) dotazione di spazi destinati ad attività collettive e di socializzazione distinti dagli spazi destinati alle camere da letto, organizzati in modo da garantire l’autonomia individuale, la fruibilità e la privacy;
d) presenza di figure professionali qualificate in relazione alla tipologia del servizio prestato ed alle caratteristiche ed ai bisogni dell’utenza ospitata;
e) individuazione di un coordinatore responsabile della struttura e del servizio prestato;
f) uso di un registro degli ospiti;
g) predisposizione per gli ospiti di un piano personalizzato di assistenza ai sensi dell’articolo 1, comma 2, che indichi, in particolare, gli obiettivi da raggiungere, i contenuti e le modalità dell’intervento e il piano delle verifiche;
h) organizzazione delle attività nel rispetto dei normali ritmi di vita degli ospiti;
i) adozione di una carta dei servizi sociali, nella quale siano indicati, fra l’altro, i criteri per l’accesso, le modalità di funzionamento della struttura, le tariffe praticate con indicazione delle prestazioni ricomprese.


Art. 12
(Vigilanza)


1. La funzione di vigilanza sulle strutture di cui alla presente legge è esercitata dai comuni fatte salve le competenze delle aziende unità sanitarie locali in materia di vigilanza igienico-sanitaria.

2. La vigilanza si esplica mediante visite periodiche ordinarie e visite straordinarie ed è finalizzata ad accertare, in particolare:
a) l’osservanza degli adempimenti previsti dalla normativa vigente in materia di servizi socio-assistenziali;
b) il rispetto dei diritti degli utenti;
c) la permanenza delle condizioni e dei requisiti che hanno dato luogo all’autorizzazione.

3. I soggetti titolari delle strutture di cui alla presente legge inviano al comune, con periodicità annuale, una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà concernente la permanenza del possesso dei requisiti.


Art. 13
(Sanzioni amministrative)


1. Salvo che il fatto costituisca reato:
a) qualora siano riscontrante irregolarità, il comune diffida il soggetto autorizzato ai sensi della presente legge a provvedere, assegnando un termine per la regolarizzazione; decorso inutilmente tale termine, è disposta la sospensione dell’autorizzazione e la chiusura dell’attività fino a quando siano rimosse le cause che hanno determinato il provvedimento; il provvedimento perde efficacia a seguito dell’accertamento della rimozione delle cause che l’hanno determinato;
b) nel caso di gravi o ripetute violazioni di legge o di gravi disfunzioni assistenziali il comune dispone la revoca dell’autorizzazione e la chiusura dell’attività;
c) nel caso di apertura e funzionamento di strutture o prestazione di servizi di cui alla presente legge in assenza di autorizzazione o in locali diversi da quelli autorizzati si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di euro 5.000,00 ad un massimo di euro 25.000,00 nonché la chiusura dell’attività;
d) nel caso di sospensione dell’attività delle strutture o della prestazione dei servizi di cui alla presente legge per un periodo superiore a trenta giorni in assenza di preventiva comunicazione al comune competente, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di euro 2.500,00 ad un massimo di euro 10.000,00.

2. La chiusura dell’attività nei casi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), viene disposta dal comune previa adozione delle misure necessarie a tutela degli utenti, che devono essere ospitati in condizioni strutturali e ambientali comunque adeguate alla loro condizione e al piano personalizzato di cui alla presente legge.


Art. 14
(Norme transitorie)


1. Fino all’emanazione della deliberazione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1), i comuni, per le strutture di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a) che hanno presentato domanda di autorizzazione all’apertura e al funzionamento:
a) prima della data di entrata in vigore del decreto del Ministro per la solidarietà sociale 21 maggio 2001, n. 308, (Regolamento concernente “Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione dell’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell’articolo 11 della L. 8 novembre 2000. n. 328”) rilasciano autorizzazioni secondo la normativa regionale vigente a tale data;
b) dopo la data di entrata in vigore del decreto del Ministro per la solidarietà sociale n. 308/2001 e prima della data di entrata in vigore della presente legge, rilasciano autorizzazioni secondo i requisiti strutturali ed organizzativi di cui al decreto stesso, ferma restando l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 34, comma 4, della l.r. 38/1996 e successive modifiche, relativamente alla tipologia ed alla capacità ricettiva delle strutture;
c) dopo la data di entrata in vigore della presente legge, rilasciano autorizzazioni secondo i requisiti strutturali ed organizzativi di cui al decreto del Ministro per la solidarietà sociale n. 308/2001 e nel rispetto delle disposizioni della presente legge relativamente alla tipologia ed alla capacità ricettiva delle strutture.

2. Fino all’emanazione della deliberazione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2), ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’apertura e al funzionamento delle strutture di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), i comuni applicano la normativa vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

3. Fino all’emanazione del regolamento prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera b), ai fini del rilascio delle autorizzazioni disciplinate dalla presente legge i comuni applicano le modalità e le procedure di cui alla normativa vigente prima della data di entrata in vigore della legge stessa.

4. Per le strutture pubbliche funzionanti e quelle private autorizzate alla data di entrata in vigore della presente legge nonché le strutture che hanno ottenuto l’autorizzazione entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dei commi 1 e 2, la Giunta regionale, con propria deliberazione, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, stabilisce appositi requisiti strutturali ed organizzativi integrativi, anche in deroga ai requisiti di cui alla deliberazione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera a).

5. Le strutture di cui al comma 4 si adeguano alle disposizioni della presente legge, fatti salvi i requisiti integrativi in deroga stabiliti dalla deliberazione della Giunta prevista nello stesso comma, entro cinque anni dalla data di pubblicazione della medesima deliberazione. Decorso inutilmente tale termine, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13 concernenti la revoca dell’autorizzazione e la chiusura dell’attività.

6. L’attività sanitaria svolta all’interno delle strutture socio-assistenziali prosegue fino all’adozione dei regolamenti di cui alla l.r. 4/2003 nonché dei provvedimenti di attuazione della presente legge.



Art. 15
(Modifiche alla legge regionale 9 settembre 1996, n. 38 e successive modifiche)


1. Alla l.r. 38/1996 e successive modifiche sono apportate le seguenti modifiche:
a) All’articolo 10, comma 1:
1) la lettera g) è sostituita dalla seguente: "g) svolge i compiti previsti dalla legge regionale in materia di autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali;";
2) alla lettera m), le parole: "sui servizi di cui alla lettera g) e" sono soppresse.
b) All’articolo 12, comma 2, lettera e), le parole da: "ad esprimere" a "dalle comunità montane" sono sostituite dalle seguenti: "a rilasciare l’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali, secondo le disposizioni dettate dalla legge regionale in materia,".
c) L’articolo 27 è abrogato.
d) All’articolo 34:
nella rubrica, le parole: "servizi residenziali" sono sostituite dalle seguenti: "strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale";
      al comma 1, le parole: "servizi residenziali" sono sostituite dalle seguenti: "strutture a ciclo residenziale;";
      al comma 2, le parole: "servizi residenziali" sono sostituite dalle seguenti: "strutture a ciclo residenziale o, in caso di ospitalità solo diurna, a ciclo semiresidenziale,";
      il comma 3 è sostituito dal seguente:
"3. Le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale e le relative autorizzazioni sono disciplinate con apposita legge regionale.”;
      i commi 4 e 5 sono abrogati.
e) L’articolo 58 è sostituito dal seguente:
"Art. 58
(Autorizzazione all’apertura ed al funzionamento
di strutture che prestano servizi socio-assistenziali)


1. L’apertura ed il funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali nell'ambito di quelli previsti ai capi II e III del titolo III sono soggette ad autorizzazione secondo la disciplina dettata con apposita legge regionale.".
f) L’articolo 66 è abrogato.



La presente legge regionale sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Lazio.


Data a Roma, addì 12 dicembre 2003

Storace

Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.