Sanità: "Libellula Libera" di Viterbo chiede percorso diagnostico per malati di fibromialgia

Si tratta di una patologia non compresa nei Lea ancora poco conosciuta, spesso di difficile diagnosi, ma non rara.
09/04/2019 - La VII Commissione regionale Sanità, politiche sociali, integrazione sociosanitaria, welfare ha ascoltato oggi in audizione i rappresentanti dell’Associazione Fibromialgici “Libellula Libera” di Viterbo che chiedono il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante.

Si tratta di una patologia ancora poco conosciuta, spesso di difficile diagnosi, ma non considerata rara perché colpisce circa il 2% della popolazione sana, soprattutto femminile, caratterizzata da dolore ai muscoli e ai tessuti fibrosi (tendini e legamenti) di tipo cronico e diffuso, stanchezza frequente, con cefalea e sonno di bassa qualità. I dati forniti parlano di circa 4mila malati in provincia di Viterbo, 120mila in tutto il Lazio e circa 2 milioni in Italia.

Dalle due interrogazioni alla Camera ai quattro disegni di legge in Senato, fino alle norme approvate recentemente in Sardegna, Puglia ed Emilia Romagna, sono molte le iniziative che chiedono il riconoscimento della malattia come cronica e invalidante.

Ad oggi nel Lazio questa sindrome non è riconosciuta e quindi non è compresa nei Livelli essenziali di assistenza (LEA), cioè le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket).

In assenza di una normativa nazionale e in attesa che il Ministero della Salute termini il processo di valutazione sul riconoscimento o meno della malattia intrapreso anche grazie all’associazione di Viterbo, “Libellula Libera” chiede alla Regione Lazio di attivare urgentemente un percorso diagnostico alla Asl di Viterbo che diventi capofila delle altre province; la formazione del personale medico; l’istituzione di un registro regionale.

Sebbene, come ha ricordato Luca Casertano, dirigente Area Rete Ospedaliera e Specialistica della Direzione regionale Salute e Integrazione sociosanitaria, la sanità regionale sia ancora in fase di commissariamento e non sia possibile trattare ciò che non è nei Lea, è stato convenuto che verrà avviata una fase di studio del fenomeno, cercando di dare vita a un percorso alla Asl di Viterbo che possa essere preso ad esempio appena le norme lo consentano, mentre i commissari daranno il loro contributo per sensibilizzare le istituzioni nazionali sul tema. A cura dell'Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio